Natale è la festa della famiglia. Natale è dunque il momento in cui si sente maggiormente la mancanza di qualcuno accanto, specie per chi vive una situazione di solitudine subita, non voluta. Ma anche chi durante l’anno è perfettamente soddisfatto della propria indipendenza, a Natale (forse complice il bombardamento mediatico?) si ritrova più esposto all’aprirsi di crepe, spiragli di ripensamento che mettono in discussione il proprio stile di vita.

Questo è ciò che accade al protagonista del film The Family Man. Jack è un rampante uomo d’affari, ha fiuto per mettere a segno bei colpi che fruttano molti soldi. Si concentra totalmente sul lavoro presso una patinata società di Wall Street.

Possiede un esclusivo attico, acquista abiti firmati, guida un’auto lussuosa. Ma questo è solo un gradito corollario, perché il nucleo della sua esistenza coincide proprio col lavoro. Non ha nessuno cui sia realmente legato. I collaboratori che lo circondano, invece, hanno famiglia, e sono insofferenti quando li fa lavorare fino a tardi la vigilia di Natale, per un urgente affare da concludere.

Proprio quella sera, però, Jack si imbatte in un misterioso personaggio che gli offre l’opportunità di vivere per un po’ una versione diversa della sua vita. Che sarebbe accaduto se 13 anni prima avesse preso una decisione diversa? Se fosse rimasto insieme a Kate, la sua ragazza dei tempi dell’università, invece di trasferirsi all’estero per inseguire l’obbiettivo d’una prestigiosa carriera?

Jack prodigiosamente si sveglia, la mattina di Natale, sposato con Kate, padre di due bambini, con un tenore di vita che non gli permette di acquistare abiti da migliaia di dollari. La casa è accogliente ma disordinata, e, in quella mattina di festa, affollata per la presenza dei suoceri venuti in visita. Il film è famosissimo, e molti di voi conoscono già la conclusione. Però non faccio spoiler, per chi eventualmente non l’abbia ancora visto.

Il messaggio è chiaro: la famiglia vale più della carriera. Molti film, specie a sfondo natalizio, ripetono lo stesso “mantra”. The Family Man secondo me si distingue perché trasmette onestamente una sottile precisazione: facile dire che la famiglia vale più della carriera, quando non si ha una vera carriera. Invece per chi ce l’ha, per chi ha un talento innato per gli affari, come succede a Jack, rinunciarvi è un reale sacrificio, perché non significa rinunciare solo alla posizione nella società, ma anche alla completa realizzazione di sé stesso e delle proprie potenzialità. Altri film, invece, banalizzano il discorso dipingendo gli affari e chi se ne occupa come brutti e cattivi.

The Family Man sposta l’accento sul valore dello spirito di sacrificio d’un talentuoso uomo che decide deliberatamente di “mettere a freno” sé stesso per adattare il passo a quello lento dei figli piccoli; che rinuncia alla libertà di decisione per attendere il parere della moglie. Tutto ciò per costruire qualcosa di più grande, la famiglia appunto, un bene prezioso di cui non dovremmo ricordarci solo a Natale.

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