Pietro il fortunato è un film che parla di giusto dosaggio ed equilibrio tra gli ingredienti. No, non è un film sulla cucina. Gli ingredienti di cui parlo, a volte così difficili da dosare, sono quelli da usare nella vita! Il protagonista è un giovane estremamente ambizioso e dotato, che vuole a tutti i costi sfondare nella vita e far fruttare il proprio talento, le proprie idee. Si trova ostacolato, sia psicologicamente che materialmente, dalla famiglia, luterani rigidi osservanti, specialmente dal padre, nei confronti del quale è ribelle, sfacciato e in perenne contrasto.
Il suo comportamento verso il genitore, dall’esterno inammissibile, è ancora comprensibile considerando l’impeto della giovane età e il grande desiderio di svincolarsi da un ambiente chiuso e bigotto, in cui è consapevole di sfiorire lentamente sprecando le proprie capacità. Grazie alla forza di ribellarsi, al coraggio di seguire la sua strada lasciandosi alle spalle la famiglia, Pietro si apre un varco. Dalla campagna danese di fine Ottocento, va nella capitale Copenaghen, dove può frequentare l’università. Gli inizi sono difficili: in serie ristrettezze economiche, si ritrova a vivere di espedienti, sfruttando una giovane cameriera conosciuta per caso.
E’ solo la prima delle donne che sfrutterà nella sua arrampicata sociale. L’ambizione gli permetterà di aprirsi tante strade, impensabili per un giovane con le sue origini. Ma quando tutti i sogni stanno per concretizzarsi, spreca tutto per un eccesso di orgoglio. Se il suo comportamento arrogante, in passato, nei confronti del padre, pur non giustificabile, poteva essere ancora comprensibile, nella sua nuova posizione si rivela assolutamente rovinoso per lui, portandolo a chiudere la porta in faccia alla fortuna.
Dalla posizione privilegiata cui era giunto, inizia una rapida discesa sociale, affiancata da un rigurgito dei condizionamenti religiosi ricevuti nell’infanzia, dai quali pensava di essersi affrancato.
In tutto questo, fa soffrire le donne che ha incontrato, e sfruttato, sul suo cammino. Un potremmo dire malato senso di orgoglio gli farà perdere non solo la possibilità di realizzare i suoi grandi progetti, ma anche il vero amore, condannandolo ad una vita di insoddisfazione su tutti i fronti. Pietro aveva tutti gli ingredienti giusti, inclusi quelli più rari, come la fortuna: ma non ha saputo dosarli nel modo giusto.
Se un pizzico di ribellione e di ambizione alla giusta età possono aprire molte strade, da adulti è oltremodo importante bilanciare il tutto con buonsenso, educazione e rispetto, affinché non prevalga il sapore della bieca arroganza: altrimenti tutta la ricetta viene rovinata. Rimanendo nel paragone delle ricette e del giusto dosaggio degli ingredienti, possiamo pensare all’esempio del sale: è importante che ce ne sia, ma se si esagera il piatto diventa immangiabile, praticamente da buttare.
Insomma, Pietro il fortunato non è un film allegro, ma fa riflettere e risulta comunque molto godibile per il paesaggio nordico in sintonia con la stagione autunnale che stiamo vivendo, nonché, ammettiamolo, per il fascino degli attori, forse poco noti al pubblico italiano, tra cui Esben Smed Jensen, nel ruolo del protagonista, e Katrine Greis-Rosenthal, che interpreta la raffinata Jakobe.
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