Oggi vi parlo di “Quel che resta del giorno“, titolo originale “The remains of the day”. A consigliarmelo è stata Loredana del blog Snowinluxury, scrivendo in un commento al mio post sulla chambre de bonne (qui il link), che le ricordava appunto la stanza al sottotetto che si vede nel film, piccola e linda ma lievemente angusta. Il protagonista è infatti Mr. Stevens, un maggiordomo in servizio presso una casa nobiliare inglese, e le stanze della servitù nel sottotetto, nonché l’impervia scala per raggiungerle, compaiono distintamente nel film.
Il contorno e il piatto forte
In queste ricche case aristocratiche, i protagonisti si potrebbe supporre che fossero i proprietari, e il piatto forte le loro attività. Ma a mandare avanti queste magioni era in realtà la servitù: non semplicemente il contorno, come si potrebbe supporre, bensì, ribaltando la prospettiva, il vero piatto forte! Sotto la guida e la supervisione di un maggiordomo, tutti i camerieri si muovevano, come un formicaio, per far funzionare ogni dettaglio. Noi che abbiamo visto la serie Downton Abbey abbiamo già familiarità con il mondo parallelo della servitù di una volta, ma pensate che “Quel che resta del giorno” è uscito nel 1993, e… questo mondo era probabilmente ancora sconosciuto ai più.
Ode all’abnegazione
Il protagonista dunque è un maggiordomo. E che maggiordomo! Perfettamente ligio al dovere, un esempio di pura abnegazione, impeccabile, capace di far marciare tutto lo staff. Si impersona totalmente nel suo ruolo. Ha rispetto assoluto nei confronti del padrone. Un’obbedienza superiore a quella di grado militare, oserei dire una cieca fedeltà. Quanto prezioso è, in molti campi, questo comportamento. Chi vive il lavoro come una vocazione, e non solo come un impiego. Queste persone sono il motore che permette a molte realtà di funzionare bene, eppure talvolta operano nel silenzio, nel nascondimento, perché non sempre la loro opera viene apertamente riconosciuta.
Ne vale la pena?
L’abnegazione rischia però di sconfinare nella disumanità. Mr. Stevens non solo fa il proprio dovere nonostante le divergenze di opinione col padrone: decisamente chiude gli occhi e rinuncia ad avere un’opinione sulle discutibili idee del padrone. Sembra quasi un automa. Emblematica è la scena in cui avvicinandosi alla governante, Miss Kenton, piegata su sé stessa e visibilmente scossa dal pianto, le parla di lavoro come se neppure lo vedesse, il dolore della donna. Abnegazione, disciplina, austerità, pur essendo teoricamente cose positive, quando sono estremizzate potrebbero nascondere una repressione che imprigiona il soggetto e fa soffrire chi vorrebbe amarlo, in questo caso proprio Miss Kenton…
L’ambientazione
Riuscirà la governante a trovare la chiave per liberare il cuore ingabbiato del maggiordomo? Vi lascio col punto interrogativo per non guastarvi il piacere della visione del film in prima persona… Vi consiglio di prestare attenzione alla magnifica ambientazione. Le location usate come setting sono state svariate, ma la più inconfondibile è il castello di Powderham: è lì che si trova la suggestiva scalinata dalle pareti turchesi in cui sono girate alcune delle scene più indimenticabili (uno scorcio nelle immagini di questo post).
The image I used for my collage: by Manfred Heyde on https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Powderham_Castle_Staircase_Hall.jpg
Ricordo bene lo vidi a suo tempo questo film!
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Sì, mi era piaciuto
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Anche a me, molto interessante.
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Ricordo con piacere questo film, visto tanti anni fa. Un senso di meraviglia per le ambientazioni, ammirazione nei confronti degli attori, e tanta tristezza per le storie dei protagonisti.
Bell’articolo il tuo, che mi ha riportato nel passato.
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Mi fa piacere averti ricordato un bel film! Davvero attori molto bravi secondo me. Il libro non l’ho letto, ma dev’essere altrettanto se non di più interessante!
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